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Finalità e obiettivi

                                                                           

       La Scuola Calcio ha strutturato la propria attività orientandosi a una formazione non fondata soltanto sullo sviluppo tecnico tattico e fisico, ma ricercando attraverso l’ esperienza sportiva una completa formazione umana: dal rispetto delle regole, all’ impegno costante nell’ allenamento, alla collaborazione e alla condivisione di momenti di difficoltà come accettare la sconfitta, alla rivalutazione della figura arbitrale.

                                                                                                                                                                                                     
L’ attività di formazione calcistica segue l’ itinerario scolastico e si conclude nell’ anno in cui i ragazzi passano dalla categoria Esordienti a quella dei Giovanissimi sperimentali in età. Infatti i nostri ragazzi entrano nella scuola a 6 anni e concludono il percorso educativo a 13 anni.
L’ attività e l’ impegno agonistico passa da una fase di confronto e di gioco propria dei primi anni di attività, categoria Piccoli Amici e 1° anno Pulcini in cui l’ avversario rappresenta più un compagno di giochi che un rivale vero e proprio. Dal 2° anno Pulcini in poi partecipiamo all’ attività ufficiale organizzata dal Comitato di Roma con gruppi squadra mai chiusi, dove tutti ruotano e giocano impegnandosi sempre con grande passione ma senza mai trascendere nel rispetto delle regole e del fair-play.

Lo scopo primario della Scuola Calcio è quello di realizzare una “rete informativa-formativa”, sia per i genitori che per i figli, che sappia facilitare l’ individuazione di percorsi idonei alla crescita psicofisica dell’ individuo. Chi è chiamato in causa (istruttori-insegnanti, psicologi, educatori…) ha perciò il delicato compito di intervenire in modo consapevole assumendosi la completa responsabilità del proprio ruolo.
Diventa pertanto importante per chi lavora a vario titolo con i bambini, con i giovani e con le loro famiglie, migliorare continuamente la propria formazione tecnica, didattica, psicologica, e relazionale.

Ogni azione deve avere l’ obiettivo di tendere a facilitare e promuovere condizioni di benessere del giovane sostenendo al tempo stesso le funzioni educative della famiglia. Sostenere l’ importanza della valenza educativa del gioco e del divertimento è un altro degli obiettivi del progetto della scuola calcio.

Il termine “gioco” implica curiosità, sperimentazione, disponibilità al rischio, giochi della scoperta. Il gioco, in questo caso, non è una pausa, un intervallo, un momento di svago e di libertà, ma fa tutt’ uno con l’ apprendimento stesso. Naturalmente per accedervi è necessario saper che cos’ è un gioco e fuoriuscire da quel luogo comune che ritiene il gioco una faccenda per bambini che si contrappone alla serietà della vita adulta. Il gioco, in realtà, prevede delle regole che se, non osservate, mettono subito il giocatore “ fuori gioco”. Senza regole, infatti, il gioco non si costituisce e nessuno si divertirebbe.

Quindi il gioco ha una sua serietà e non è un antecedente della serietà, non è un’ attività tipica della fase infantile da cui si congeda quando si diventa adulti. Il problema semmai è un altro: “ non si può insegnare a giocare”. Si possono insegnare le regole del gioco, queste regole possono essere apprese da tutti, ma poi non è detto che uno “si metta in gioco”, che voglia mostrare agli altri le sue “attitudini” o le “inettitudini”, che voglia “giocarsi” la faccia, e allora si dispone ai bordi del campo a vedere gli altri che giocano.

A questo punto è possibile chiedersi: quanti insegnanti si mettono in gioco e non invece ai bordi del campo? Per fare “gruppo”, per arrivare ad una sintonia operativa è necessario che tra istruttore-insegnante e ragazzi si crei una sorta di “collusione”. Il termine, dal latino “col-ludere”, significa giocare insieme, e siccome nessuno può colludere da solo è necessario che tutti , istruttori e ragazzi “stiano al gioco”, un gioco che, come tutti i giochi, ha le sue regole, un suo ordine, ed entro il quale ciascuno assume, in modo meno passivo di quanto potremmo credere, i ruoli istituzionali di istruttore e allievo.


Perché diciamo “in modo meno passivo”? Perché l’ istruttore-insegnante diventa davvero tale quando riesce ad ottenere la cooperazione degli allievi, che sono i soli che hanno il potere di rendere quel ruolo riconosciuto e riconoscibile. Là dove non si gioca il potere viene conferito dall’ autorità mentre nella “Scuola dei giochi”, dove c’è collusione perché si gioca insieme, il potere e quindi il riconoscimento del ruolo dell’ istruttore-insegnante viene conferito da tutti coloro che “sono in gioco”, quindi dai ragazzi, dai colleghi ed anche dai genitori.

In questo tipo di scuola non basta “entrare in ruolo” per avere un ruolo; questo ruolo, come in ogni gioco, lo si guadagna giocando.
E se lo si perde, bisogna riguadagnarselo, per non essere messi fuori gioco.

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